Storie olimpiche milanesi

“Miracle on ice”: gli appassionati di hockey identificano il “miracolo sul ghiaccio” nella vittoria della nazionale USA contro l’Unione Sovietica nella penultima partita del girone di finale delle Olimpiadi del 1980. Sono passati trentasette anni da quella storica giornata che vide tra i protagonisti della nazionale a stelle e strisce un paio di giocatori, Mark Johnson e Mark Pavelich, che negli anni a seguire avrebbero militato nel campionato italiano. Quello di cui i tifosi milanesi avranno ricordi più nitidi è Mark Johnson, uno che in quella partita mise a segno due reti e che nel 1990-91, al termine di una decennale carriera professionistica, riportò il tricolore in città dopo trentuno anni. Quello che molti ignorano è che Johnson non è l’unico “milanese” ad aver vinto una competizione olimpica. Esattamente venti anni prima, siamo nel 1960, gli Stati Uniti vinsero la loro prima medaglia d’oro nell’hockey su ghiaccio nella massima competizione sportiva mondiale, trofeo ricordato oggi come “Forgotten miracle”, il miracolo dimenticato. Non se lo dimenticava certamente Herb Brooks, coach della formazione del 1980, ultimo giocatore tagliato prima del torneo olimpico e che proprio da quell’esperienza recuperò l’idea di una lunga selezione per “formare” la squadra che avrebbe trionfato nel 1980. L’olimpiade del 1960 vide invece ai nastri di partenza Eugene “Gene” Grazia (primo a destra nella foto), oriundo italiano nato a West Springfield nel Massachussetts, che vesti la maglia del Milano nella stagione 1952-53. Curiosamente Grazia, tornato oltreoceano dopo una sola stagione e uno scudetto perso nel derby contro i Diavoli Rossoneri, ebbe modo di vestire durante quella stagione la divisa della nazionale italiana, “invitato” in Italia a tale scopo da Pete Bessone, ex giocatore a Milano e riferimento della federazione per il reclutamento di giocatori negli States. Appena diciottenne era il più giovane in maglia azzurra dopo Ernesto Crotti nella formazione che superò la Francia a Chamonix per 7-3 nel gennaio 1953, anno in cui la nazionale vinse pure il Criterium d’Europa. A differenza di altri oriundi che arrivavano in Italia per fermarsi qualche stagione o per sfruttare l’hockey per visitare il belpaese al termine della carriera scolastica, Grazia arrivò in Italia durante il suo percorso di studi, proseguito poi in Nord America continuando a praticare hockey per gli Spartans della Michigan State University, allenata da Amo Bessone, fratello di Pete. Durante il suo ultimo anno di università fu selezionato per la squadra nazionale che avrebbe disputato le Olimpiadi del 1960 due anni dopo. Si trattò di una lunga e dura selezione che portò alla formazione della squadra che vinse le Olimpiadi di Squaw Valley. Eugene giocò in quel torneo solo due incontri, esordendo il 19 febbraio contro la Cecoslovacchia, giocando come ala destra in prima linea e tre giorni dopo contro la Svezia, sempre in prima linea ma all’ala sinistra, a testimonianza dell’importanza del ruolo che rivestiva in quella formazione. Un’esperienza personale non entusiasmante ma che gli valse comunque l’ingresso nella storia dell’hockey a stelle e strisce con una vittoria, offuscata solo in parte del trionfo che arrivò vent’anni dopo. Grazia, morto il 9 novembre del 2014, fa parte al pari dei suoi compagni di squadra della U.S. Hockey Hall of Fame dal 2000, anticipando anche in questo caso i ragazzi del 1980, iscritti ufficialmente nella storia dell’hockey statunitense “solamente” tre anni dopo.

Author: Claudio Nicoletti