Il portiere dagli occhi di ghiaccio

Fine anni ’80, inizio anni ’90. In televisione spopola Richard Dean Anderson, ma la maggior parte delle persone lo ricordano come il principale personaggio televisivo da lui interpretato: MacGyver. I ragazzi si ingegnano a seguirne le orme sistemando biciclette e motorini utilizzando componenti improbabili, le ragazze ne collezionano i poster da appendere in cameretta. Tutte tranne quelle che seguono l’hockey su ghiaccio milanese. Loro nella Smemoranda hanno la foto di Mike Zanier, il portiere dagli occhi di ghiaccio.

La hanno in realtà anche i maschietti: Michael diventa l’estremo baluardo a cui aggrapparsi quando gli attaccanti avversari si involano verso la gabbia milanese. In questo caso la sua foto diventa una sorta di santino a cui rivolgere le proprie preghiere.

San Michael Zanier nasce a Trail il 22 agosto 1962 da una famiglia di chiare origini italiane, friulane nello specifico.

Suo papà Reno è stato un portiere con alle spalle una discreta carriera, tanto da aver disputato i mondiali 1963 con la maglia del Canada. Nell’occasione è il secondo di Seth Martin, portiere inserito nella Hall Of Fame della IIHF nel 1997. Reno ha lasciato ottimi ricordi ovunque abbia giocato, i Fort Wayne Komets lo indicano come uno dei migliori goalie della propria storia, a Trail è un’istituzione.

Reno Zanier

Michael non può che ripercorrerne le orme. Con gli stessi ottimi risultati. La carriera giovanile nella WHL, l’approdo nelle minors in Ahl con i Moncton Alpines. Poi l’occasione della vita: in virtù delle sue ottime prestazioni in AHL, viene chiamato dagli Edmonton Oilers per sostituire l’infortunato Grant Fuhr in gara 4 e gara 5 di finale contro i New York Islanders come backup di Andy Moog. Edmonton vince il titolo ma il nome Zanier non viene inscritto sulla Stanley Cup non essendo mai sceso sul ghiaccio. Tuttavia entra nella system degli Oilers cominciando la stagione 1984-85 con i Nova Scotia, farm team della formazione di “The Great One” Wayne Gretzky.

Tre apparizioni in NHL (12 gol subiti, 3,89 di media) gli valgono così un anello, ma più che il “prezioso” monile il successo si misura nell’aver fatto parte di un gruppo in cui Gretzky è solo la punta dell’iceberg. Di quella squadra straordinaria fanno parte giocatori come Messier, Kurry, Coffey, Krushelnyski, Anderson, Napier, Tikkanen ed in porta il duo Andy Moog e Grant Fuhr. Per Mike si tratta dell’apice della carriera nord americana.

Mike Zanier con la maglia degli Oilers

Due stagioni ad Indianapolis prima di varcare l’oceano alla volta dell’Europa. Nel suo destino Salisburgo, Austria, non lontano dalle terre da cui partì la sua famiglia. Il passo successivo è Bolzano, due stagioni con uno scudetto e quindi Asiago. Entra a far parte del blue team, alle prese con la difficile sostituzione di Big Jim Corsi. Non che manchi la concorrenza: Delfino, Rosati, Romano, Campese, Brunetta, Micalef… sono solo alcuni dei nomi che scendono sui ghiacci italiani in quelle stagioni. Mike mette comunque a curriculum due mondiali e le Olimpiadi di Albertville, facendo del senso della posizione e del gioco di stecca le sue armi più efficaci. E’ molto meno appariscente di qualche suo collega, non meno decisivo rispetto a loro.

Mike Zanier ai mondiali di Lubiana 1991. Foto Redini

Il suo arrivo a Milano, “suggerito” da Ron Chipperfield, è datato 1990 ed al primo tentativo è scudetto. “In mezzo ai pali c’è, un gran portiere che, saracinesca è, Mike Zanier alè, eh oh” è il coro che parte all’inizio di ogni incontro quando Mike si dirige verso la propria gabbia, gratta il ghiaccio nella sua area, “benedice” i pali con la propria stecca e si piega guardando verso il centro della pista. Il rituale si compie ad ogni partita. Una muraglia umana è posizionata alle sue spalle, pronto a sorreggerlo nelle difficoltà, pronta ad esultare ad ogni suo intervento decisivo. E’ così che si arriva, incontro dopo incontro, alla consapevolezza di essere da titolo, è così che si arriva alla magica serata del 2 marzo 1991. A difenderlo sul ghiaccio un gruppo di difensori pronti ad usare le maniere ruvide in ogni occasione. Non che Michael ne abbia bisogno, non di rado decide di difendersi da solo, specialmente nella seconda parte di carriera in città.

La stagione 1991-92 è particolarmente lunga ed estenuante: Alpenliga, campionato, Coppa Campioni. E’ proprio nel massimo torneo continentale che il Saima si toglie le soddisfazioni più grandi. A Dusseldorf tra gli altri sono presenti Bolla e Viale a testimonianza di un continuum storico della grande tradizione dei portieri milanesi. Il finale di stagione è condizionato da qualche problema fisico che porta Vairo a preferirgli Campese nella serie contro i Devils. Alla soglia dei trent’anni la sua carriera sembra inesorabilmente in declino, la chiusura del Milano, poi, lo porta a Dallas con Rico Rossi (e Pat Curcio). Allenatore Ron Flockhart.

Milano rinasce e a sorpresa punta nuovamente sul portiere dagli occhi di ghiaccio. Mike vive una seconda parte di carriera di ottimo livello.

Topatigh contro Zanier (foto proveniente da Milan News)

Quattro anni conditi da numerosi episodi, tanti interventi decisivi, qualche incertezza, un paio di risse a scaldare gli animi del Palacandy, nuova casa dei rossoblu. Nel 1995-96 viene acquistato Angelo Libertucci. Per Mike si profila un ruolo da “allenatore” dei portieri, pronto a subentrare in caso di bisogno al nuovo oriundo e a John Allevato, italo finlandese autore di buone prestazioni al termine della stagione precedente, quando Mike è out per infortunio. Ma di Zanier c’è bisogno prima di subito, riprende il posto al centro della gabbia rossoblu, risponde con prestazioni sempre all’altezza e, in occasione dei pochi errori commessi, la linea di credito aperta presso la banca del tifo è senza alcun limite.

D’altra parte Mike con lo scudetto 1991 ma ancora di più con il ritorno in città nell’estate 1993 è diventato un personaggio imprescindibile della storia hockeystica milanese. Lo testimoniano i tanti contatti mantenuti e il fatto che in più di un’occasione è stato gradito “ospite” all’Agorà.

In attesa del prossimo appuntamento, diamo il nostro benvenuto a Mike nella Ca’ del Giazz, la Hall of Fame di Milanosiamonoi.

Author: Claudio Nicoletti