Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario

5 febbraio 2022
“Ciao Claudio, mattino o pomeriggio?”
“Stacco alle 15. Ti chiamo io ;-)”
Queste righe nascono così. In fondo con Tiziano è sempre stato così. Una telefonata, un messaggio. Una notizia condivisa. Ulteriori ricerche dettate dalla voglia di scrivere un articolo per condividere qualcosa con tutti coloro abbiano due minuti della propria vita da dedicarci. L’idea è sempre stata quella di raccontare i fatti della Milano hockeystica, allacciandola magari alla Storia con la S maiuscola.
Alla soglia dei cento anni di vita di questo sport in città, la tragedia più grande che il mondo ha vissuto è la seconda guerra mondiale. Ne abbiamo parlato in più parti: alla triste fine di Camillo Mussi abbiamo dedicato un articolo in cui non abbiamo potuto tacere di Guglielmo Jervis. Tra le righe abbiamo raccontato delle peripezie della famiglia Covo, che al Milano, in epoche diverse, vide protagonisti tre suoi figli.
Negli anni abbiamo fatto ricerche per scoprire che fine avessero fatto quanti, protagonisti prima del conflitto, “sparirono” quando la luce tornò a vincere le tenebre della guerra.
Non sempre abbiamo trovato riscontri al nostro cercare. A volte, però, basta un buon contatto per trovare qualcosa.
“Ciao Claudio, ti ricordi di Giani”, “certo, quello che ha scritto della Barcellona, del pattinaggio artistico”.
“Mi ha mandato delle foto di un libro, penso possano essere interessanti”…


Guglielmo Levi fu portiere di secondo piano dell’Hockey Club Milano. Nato il 19 dicembre 1910 a Milano da famiglia di origine ebraica ebbe, sportivamente parlando, la sfortuna di trovarsi in “competizione” con campioni del calibro di Calcaterra e Gerosa. Non furono molte le occasioni per mettersi in luce sulle piste ghiacciate con la maglia della prima squadra ma per molti anni non fece mancare il proprio contributo alla società Hockey Club Milano, essendone socio e tesserato. In questa veste figurava già nel 1931 sulla pubblicazione Ca-tro-go: tra i 57 soci guidati dal Conte Alberto Bonacossa c’era anche il suo nome, Guglielmo Levi – via Ariosto 3.

da sin. Carlassare, A. Trovati, Guglielmo Levi, F. Arnoldi, Benni e Galassi (foto Bressan)


Come detto Levi ebbe modo di giocare soprattutto con la seconda squadra del Milano. Con impegno, dedizione, coraggio. Almeno fino al 1938 anno in cui furono promulgate le leggi razziali. Porta uno dei cognomi ebraici più comuni in Italia. Paradossalmente ci appare normale non trovarlo sui ritagli dei giornali. Pensiamo, speriamo, che abbia trovato modo di seguire l’esempio di Giulio e Pietro Covo, emigrati per tempo in Messico e Canada a differenza del padre e di alcuni familiari che purtroppo vivranno sulla loro pelle più di chiunque altro la follia umana.

L’ultima partita di Levi, 5 dicembre 1935. Curiosamente difende la gabbia del St. Moritz contro i Diavoli Rossoneri. Gli elvetici erano giunti a Milano senza portieri.

Su una Domenica del Corriere del 1948 si parla di un incidente di gioco occorso anni prima al portiere Revi. La storpiatura del nome appare evidente: non ci sono tracce di questo giocatore da nessun’altra parte, deve trattarsi sicuramente di Levi, in qualche modo ci sembra una buona notizia. Quando nel dopoguerra il Milano rinasce dalle proprie ceneri non si fa cenno da nessuna parte alla sorte di Levi, a differenza ad esempio di quanto viene fatto per Mussi e Jervis. In un certo senso anche questa cosa ci tranquillizza. Almeno fino a quando ci arrivano le foto di quel libro e quelle che erano state “paure” represse in merito alla sua sorte trovano sfogo in quelle righe tratte da un testo, “Dieci testimoni raccontano”, e dalla memoria di Ugo Del Monte, l’ultimo testimone del vissuto di Guglielmo Levi. Quello che seguirà dopo possiamo solo, con tristezza, immaginarlo.


“Nel 1942, tutta la nostra famiglia si riunì a Moltrasio, in una villa sul Lago di Como, a poca distanza dalla Svizzera che si trova appena al di là della montagna. I miei genitori, Gigi del Monte e Anna Levi, mia sorella Mirella e io, avevamo lasciato Napoli per raggiungere a Milano il nonno materno, Giuseppe Levi e i suoi figli, Samuele e Guglielmo, fratelli minori della mia mamma. Il minore dei due, Guglielmo detto Baby, era un grande sportivo e aveva ricoperto a lungo il rischioso ruolo di portiere della squadra di hockey su ghiaccio di Milano. Eravamo dunque tutti sfollati a Moltrasio per sfuggire ai bombardamenti della città e poi, dopo l’8 settembre del 1943, eravamo rimasti li con l’intenzione di passare in Svizzera, per metterci in salvo dai nazifascisti… Si giunse così al 26 ottobre. Quella sera, dopo cena, eravamo tutti riuniti nel salotto. C’era anche il nonno, convalescente. Seduto sulle sue ginocchia giocavo con il suo orologio da taschino, come tante altre volte. Ad un certo punto sentimmo una scampanellata. Lo zio Sam uscì nel giardino, e dopo essersi affacciato verso il cancello, rientrò precipitosamente e ci bisbigliò di fuggire perchè c’erano i tedeschi.”
E’ così che cominciò la fuga di Ugo, Mirella e Anna, aiutati da poche ma decise persone a mettersi in salvo in Svizzera. E’ così che cominciò la fine del resto della famiglia.
Luigi Del Monte, Giuseppe Levi, Samuele Levi e Guglielmo Levi furono immediatamente trasferiti a Milano, carcere di San Vittore. Tutti terminarono i loro giorni ad Auschwitz.
Il nome di Luigi Del Monte compare sul muro dei nomi, nel memoriale della Shoah della stazione centrale. Ebbe la sfortuna di essere caricato sul primo treno che partì dal capoluogo milanese verso il campo di sterminio polacco: 6 dicembre 1943. I Levi invece furono trasferiti al campo di raccolta di Fossoli, nei pressi di Carpi.

Un’altra immagine del campo di Fossoli

Per loro, il viaggio verso la morte partì qualche mese dopo, il 16 maggio 1944. Ad attenderli, il 23 maggio, un lugubre cancello: “Arbeit macht frei”. Furono 6806 gli italiani di origine ebraica ad entrare nei lager. Solo 837 tornarono. Tra loro purtroppo non vi fu Guglielmo: l’hockeista milanese vittima dell’olocausto.

A ottanta anni da questa tragica vicenda personale, sottaciuta e infine dimenticata, ci pare giusto ricordarlo:

Ciao Baby!

Author: Claudio Nicoletti